Nata a Carpi (Mo), ha tre figli e vive da sempre nella stessa città. Laureata a Bologna in Scienze Politiche (con una tesi in Criminologia) ha seguito successivamente un Master biennale di Pubblica Amministrazione presso la Scuola Superiore annessa alla Facoltà di Giurisprudenza della stessa città. Dopo aver svolto una attività professionale riguardante la gestione del personale e l’organizzazione di servizi, si occupa di problem solving per conto di una associazione nazionale. Nell’ultimo decennio ha partecipato a gruppi di poesia e a un corso di scrittura creativa. Prima d’ora, ha pubblicato solo testi e articoli di carattere tecnico. Ha sempre letto moltissimo nel poco tempo libero e scritto tanto, senza mai pensare di pubblicare nulla. La scelta di farlo è avvenuta per caso. ".
Venezia
Non so perché è nei giorni
Nebbiosi e scuri come questo
che ho voglia di andare a Venezia
e camminare tra le calli
deserte e vuote
e in piazza SanMarco nuda
di persone e bancarelle,
quando la polvere corre raso terra
e porta lievi piume grigie,
dello stesso colore del cielo
e del colore della laguna,
da vicino più fonda più nera,
e dell’aria e del freddo e delle dita
che stringono il mantello,
sul viso teso per il freddo tagliente,
Nell’ore di bora scura dalla Dalmazia.
Si nascondono anche i piccioni
È allora,
quando a Venezia esce Venezia,
non si vede da riva a riva,
solo, nel silenzio,
s’ode qualche suono gutturale
d’altri tempi,da un gozzo ò na gondola,
sopra lo sciabordio.
È solo allora che
si prende l’anima della città
E si lascia la propria in cambio.
Per sempre.
Estate
Qui non c’è brezza, nè vento….
tutto è immoto,
intorno non api nè farfalle
nè merli sul fico coi frutti maturi
uccelli si appisolano sotto le foglie del gelso
dopo averne mangiato i frutti succosi,
non canti nè rumori o sbatter d’ali,
un gatto attraversa il cortile sul retro
con una lentezza saggia come un monito
il pelo bianco denso come alpaca,
morbido cappotto da neve e non da canicola
mentre da rosa sfatta cade lentamente un petalo
in preludio d’autunno
la terra è riarsa e trasuda caldo
il caldo scorre sotto le porte ed entra
dalle persiane socchiuse
in cerca di improbabile ristoro
Un gioiello perfetto tornito dalla natura
ceduto dai monti
e dalle tue alle mie mani
porta il suono del mare di Ulisse
le voci dei marinai, lo sciabordio,
la risacca, la carezza leggera di una brezza
incredibile e inattesa,
magia semplice verso le mie mani e il mio cuore
e un quadrato di erba verde pulita
per ritrovare l’imponderabile specchio dell’anima
librata nel cielo appesa a un palloncino rosso.
Con tutte le radici
Con tutte le radici
intreccio una scala
da agganciare alla luna
vorrei salire sulle nuvole
e dondolare a testa in giù,
curiosando dentro
gli occhi attoniti delle stelle.
Se mi stanco, l’arrotolo
e se volete ve la presto.
Pasqua
Fiori inondano di luce intorno
Freme ancora l’aria di brividi
E il sole non scalda nel cielo livido
Sotto il tetto la neve ha lasciato una macchia
Il gelsomino rigoglioso solo s’arrampica sul muro
Cos’abbia da festeggiare non si capisce
Piante stinte ed esuberanti si mescolano
Per qualcuna la natura è sufficiente
per inerpicarsi intorno ai muri impolverati
Tutto è uguale a ieri
Non serve tripudio di auguri
per credere a una Resurrezione
nè che per un giorno si finga
che tutto va bene tra la gente
dolore e preoccupazioni
serpeggiano per le vie
Qualcuno compra l’uovo
per fingere la festa
O regali che nascondono indifferenza.
Ognuno porta il suo peso
Qualcuno chiede agli angoli delle vie
Altri hanno fretta di tornare a casa
Dove sia serrata la speranza non si sa
Forse la resurrezione
verrà in un anno diverso.
Lisboa
Ha scritto una poesia per me
oggi a Lisboa
il vecchio Poeta
forse l’ha scritta stamattina
subito
quando sono scesa
alla stazione di Belèm
nella luce abbagliante del Tago
Ogni volta
Ogni volta
Che sono passata di lì
Ho cercato la tua ombra
Nel riflesso dei vetri.
E ogni volta che sono passata,
Ho pensato che avrei voluto
Portarmi via la finestra,
Quei vetri sui campi.
Oggi sono passata
E ho pensato
Che avresti voluto
Che avessi per me
anche quei campi smisurati
Su cui nuotava leggero
Il tuo sguardo chiaro
Quando pensavi.
Solitudine
Spesso e denso il ricordo copre la luce
mentre trascolora piano il cielo
verso un inverno di giorni brevi,
da reinventare piano piano.
Come albero spoglio di tutto
Lascia rami esausti e inermi,
e al fondo, foglie sparse
sfinite e luminose, piene di sole
ricordo di un tempo migliore.
Non parole nè voci ode, nè vede
se non chi manca.Non chi è intorno.
La solitudine, ha i capelli lunghi,
scarmigliati e il viso esangue,
occhi che cercano lontano,
mani che non sanno chiudere il mare,
fermare il vento, scostar le nubi
o rivoltare il cielo in silenzio,
così mare e vento incessanti vanno
e le nubi e il cielo stanno lì.
Di quando in quando, con mano lieve,
vellutato e gentile, il sole porge,
inattese delicate carezze, e speranza.
Tornerà la luce, forse,
E nel giro della terra e della vita
riverranno altre stagioni,
gli alberi riavranno foglie fiori frutti
e tra mani dischiuse, vicino vicino,
si ritroverà il senso della vita.