Miriam Bulgarelli

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Miriam Bulgarelli

Nata a Carpi (Mo), ha tre figli e vive da sempre nella stessa città. Laureata a Bologna in Scienze Politiche (con una tesi in Criminologia) ha seguito successivamente un Master biennale di Pubblica Amministrazione  presso la Scuola Superiore annessa alla Facoltà di Giurisprudenza della stessa città. Dopo aver svolto una attività professionale riguardante la gestione del personale e l’organizzazione di servizi, si occupa di problem solving per conto di una associazione nazionale. Nell’ultimo decennio ha partecipato a gruppi di poesia e a un corso di scrittura creativa. Prima d’ora, ha pubblicato solo testi e articoli di carattere tecnico. Ha sempre letto moltissimo nel poco tempo libero e scritto tanto, senza mai pensare di pubblicare nulla. La scelta di farlo è avvenuta per caso. ".

Venezia

Non so perché è nei giorni
Nebbiosi e scuri come questo
che ho voglia di andare a Venezia
e camminare tra le calli
deserte e vuote
e in piazza SanMarco nuda
di persone e bancarelle,
quando la polvere corre raso terra
e porta lievi piume grigie,
dello stesso colore del cielo
e del colore della laguna,
da vicino più fonda più nera,
e dell’aria e del freddo e delle dita
che stringono il mantello,
sul viso teso per il freddo tagliente,
Nell’ore di bora scura dalla Dalmazia.
Si nascondono anche i piccioni
È allora,
quando a Venezia esce Venezia,
non si vede da riva a riva,
solo, nel silenzio,
s’ode qualche suono gutturale
d’altri tempi,da un gozzo ò na gondola,
sopra lo sciabordio.
È solo allora che
si prende l’anima della città
E si lascia la propria in cambio.
Per sempre.

 

Estate

Qui non c’è brezza, nè vento….

tutto è immoto,

intorno non api nè farfalle

nè merli sul fico coi frutti maturi

uccelli si appisolano sotto le foglie del gelso

dopo averne mangiato i frutti succosi,

non canti nè rumori o sbatter d’ali,

un gatto attraversa il cortile sul retro

con una lentezza saggia come un monito

il pelo bianco denso come alpaca,

morbido cappotto da neve e non da canicola

mentre da rosa sfatta cade lentamente un petalo

in preludio d’autunno

la terra è riarsa e trasuda caldo

il caldo scorre sotto le porte ed entra

dalle persiane socchiuse

in cerca di improbabile ristoro

Un gioiello perfetto tornito dalla natura

ceduto dai monti

e dalle tue alle mie mani

porta il suono del mare di Ulisse

le voci dei marinai, lo sciabordio,

la risacca, la carezza leggera di una brezza

incredibile e inattesa,

magia semplice verso le mie mani e il mio cuore

e un quadrato di erba verde pulita

per ritrovare l’imponderabile specchio dell’anima

librata nel cielo appesa a un palloncino rosso.

 

Con tutte le radici

Con tutte le radici
intreccio una scala
da agganciare alla luna
vorrei salire sulle nuvole
e dondolare a testa in giù,
curiosando dentro
gli occhi attoniti delle stelle.
Se mi stanco, l’arrotolo
e se volete ve la presto.

 

Pasqua

Fiori inondano di luce intorno

Freme ancora  l’aria di brividi

E il sole non scalda nel cielo livido

Sotto il tetto la neve ha lasciato una macchia

Il gelsomino rigoglioso solo s’arrampica sul muro

Cos’abbia da festeggiare non si capisce

Piante stinte ed esuberanti si mescolano

Per qualcuna la natura  è sufficiente

per inerpicarsi intorno ai muri impolverati

Tutto è uguale a ieri

Non serve tripudio di auguri

per credere a una Resurrezione

nè che per un giorno si finga

che tutto va bene tra la gente

dolore e preoccupazioni

serpeggiano per le vie

Qualcuno compra l’uovo

per fingere la festa

O regali che nascondono indifferenza.

Ognuno porta il suo peso

Qualcuno chiede agli angoli delle vie

Altri hanno fretta di tornare a casa

Dove sia serrata la speranza non si sa

Forse la resurrezione

verrà in un anno diverso.

 

Lisboa

Ha scritto una poesia per me

oggi a Lisboa

il vecchio Poeta

forse l’ha scritta stamattina

subito

quando sono scesa

alla stazione di Belèm

nella luce abbagliante del Tago

 

Ogni volta

Ogni volta

Che sono passata di lì

Ho cercato la tua ombra

Nel riflesso dei vetri.

E ogni volta che sono passata,

Ho pensato che avrei voluto

Portarmi via la finestra,

Quei vetri sui campi.

Oggi sono passata

E ho pensato

Che avresti voluto

Che avessi per me

anche quei campi smisurati

Su cui nuotava leggero

Il tuo sguardo chiaro

Quando pensavi.

 

Solitudine

Spesso e denso il ricordo copre la luce
mentre trascolora piano il cielo
verso un inverno di giorni brevi,
da reinventare piano piano.
Come albero spoglio di tutto
Lascia rami esausti e inermi,
e al fondo, foglie sparse
sfinite e luminose, piene di sole
ricordo di un tempo migliore.
Non parole nè voci ode, nè vede
se non chi manca.Non chi è intorno.
La solitudine, ha i capelli lunghi,
scarmigliati e il viso esangue,
occhi che cercano lontano,
mani che non sanno chiudere il mare,
fermare il vento, scostar le nubi
o rivoltare il cielo in silenzio,
così mare e vento incessanti vanno
e le nubi e il cielo stanno lì.
Di quando in quando, con mano lieve,
vellutato e gentile, il sole porge,
inattese delicate carezze, e speranza.
Tornerà la luce, forse,
E nel giro della terra e della vita
riverranno altre stagioni,
gli alberi riavranno foglie fiori frutti
e tra mani dischiuse, vicino vicino,
si ritroverà il senso della vita.