Dario Menicucci nato a Livorno il 28 giugno del 1963, dove tuttora vive, pubblica poesie dal 2014 su siti letterari, filastrocche per bambini e alcune fiabe. Predilige le poesie di parole semplici e in particolare quelle che descrivono la natura in tutte le sue sfumature. Vivendo in una città di mare e di vento deve solo guardare l'orizzonte e riportare quello che gli occhi vedono. Notte, silenzio, vecchiaia e solitudine sono altri temi che spesso affronta con i suoi versi. Ciò che scrive viene spesso da esperienze di vita e ama dire che le sue poesie sono appunti di emozioni.
Silenzio
La luce stremata
dell’inverno
si appiccica alle finestre
un rettangolo
di colori rarefatti
e gocce di pioggia.
Mi guardano
il cancello scrostato
della scuola
gli occhi immensi
delle sue vecchie
finestre
gli alberi nudi
nel suo cortile
di fango e cemento.
Le mura umide
e rugose
dei palazzi
precipitano
nelle pozzanghere
sui marciapiedi
sulla strada
d’acqua
e auto silenziose.
Nessun grido
festante
di bambini
nessun verso
o canto
di gabbiani;
oggi
neanche la piazza
ha voglia di parlare.
Guardando il mare
Sfumature d’azzurro
e verde intenso,
gradazioni di grigio.
Giochi di nuvole e onde
di raggi che filtrano
in cerchi di luce.
Gabbiani e aquiloni
in acrobatici voli,
colori nel cielo.
Corre una vela
sulle ali del vento
sui riflessi increspati.
Il profilo di un’isola
tra le barche appoggiate
e l’orizzonte di fuoco.
Le navi immobili
sembran sorridere
tra le braccia del mare.
Tornando a casa
Corre l’auto
scivolando nel buio.
L’inverno
batte sui finestrini
e li riga di lacrime.
Un altro giorno di pioggia
si è consumato.
Il sole è scomparso,
i profili lontani
hanno perso i contorni.
Luci sfuocate
annunciano palazzi
spettrali e malinconici.
La città è vicina,
si apre confusa
in fondo al viale.
Dalla radio
una vecchia canzone
dà vita ai ricordi
ad antiche emozioni.
C’era calore
tra le mura di casa,
qualcuno aspettava
con il tremito al cuore.
Ora è solo il silenzio
a riempire le stanze
e memorie sgualcite.
Poi i pensieri svaniscono
di fronte al portone;
tra le mani il mio nulla,
tutto intorno la notte.
La vecchia signora
Ti stavo aspettando
vecchia signora
e tu sei tornata
un’ultima volta.
Seduta in disparte
dove il buio è più nero
mi fissi severa
senza dire parole.
Ho capito che c’eri
quando il tempo si è spento
quando un gelo improvviso
ha riempito la stanza.
Quando in ombra gli spettri
si son messi a tremare
e anche l’ultimo sogno
è scomparso dal cuore.
Ma non ho più paura
di guardarti negli occhi
quando posi le mani
e mi sfiori la pelle.
Sento in me i tuoi pensieri
quell’antica domanda:
“Perchè odi la vita
e non vuoi più lottare?”.
Non avverti il silenzio
questo triste lamento,
la violenza che grida
perché sa di aver vinto?
Ma tu forse non sai,
non riesci a capire,
tu che sola sei madre
di dolore e tormento.
E ora siedimi accanto
un momento a cullarmi
poi accompagnami là
dove il tempo non conta.
Dove vive la luce
e non c’è più la notte
e ogni piccola stella
è un sorriso d’amore
Il nostro immenso amore
Mi sono cosparso
di notte
per appropriarmi
dei segreti delle stelle,
per riscoprire la dolcezza
del silenzio
e non aver paura,
per provare
una volta ancora
l’estasi
del sorgere di un sogno.
Ho preso il sole
tra le mani
per inondarmi di luce
e del suo calore,
per scacciare il gelo
di giorni vuoti
e silenziosi,
per capire
se riuscivo ancora
a sentire
il profumo dei colori.
Ti ho tenuto
stretta in cuore
per salvarmi
dall’oblio del tempo,
per continuare a vivere
la mia illusione
e non perdermi,
per nutrirmi
fino alla fine
dell’infinita meraviglia
del nostro immenso amore.